domenica 31 agosto 2008

punti esclamativi °5

Quando una donna che ha così tanto da dire tace, il suo silenzio può essere assordante.

When a woman who has much to say says nothing, her silence can be deafening.

Cuando una mujer tiene mucho que decir y no dice nada, su silencio puede ser ensordecedor.

vero amico I Ching


L'I Ching è come una parte della natura umana che aspetta di essere scoperta

C. G. Jung

giovedì 28 agosto 2008

Ordinaria follia_seconda parte


Per i primi anni della mia infanzia ed oltre, mio padre, a dispetto della genetica e delle ripetute crisi adolescenziali, ha provato a fare di me il suo primogenito figlio maschio, trascinandomi in ogni suo momentaneo passatempo,anche con qualche discreto risultato, bisogna concederglielo.
Così mi sono slogata un polso ed infiammata i legamenti sui campi da tennis, persa sulle piste da sci, tornata dalla racconta ai tartufi senza cane, arenata sugli scogli in barca a vela, caduta da un cavallo imbizzarrito e potrei continuare ancora a lungo.
Ad oggi, dei suoi già pochi discepoli, l’unica che continua a seguirlo nelle sue strampalate avventure, è la sua devota consorte.
Ogni agosto arriva la solita proposta:una lunga passeggiata di qualche chilometro, sterrata e continuamente a piombo del sole , con ritorno obbligato sul crostone di un monte. Mia madre tenta strenuamente ma inutilmente di opporsi, finché non si ritrova in macchina, pronta per la partenza.
La povera donna , bisogna precisare, soffre di vertigini, ha la pressione bassa ed è ginnica come l’infisso di una finestra, per cui c’è ampio margine perché l’allegra gita sui monti si trasformi in una tragedia familiare.
Suo marito batte la via, qualche metro più avanti ed è quindi ovvio che non si accorga subito che non risuonano più alle sue spalle i piccoli passetti di donna: mia madre si è già da qualche minuto accasciata a terra, distesa al suolo sotto il sole, in preda ai più terribili capogiri. Ma l’uomo che non si arrende mai incalza, io proseguo e termino il percorso, tu torna indietro ed aspettami in un posto dove possa vederti.
Il messaggio che mi arriva è il seguente:” sono in una rotonda spartitraffico ad aspettare tuo padre, un camionista mi ha offerto un passaggio: accetto o per te mi tornerà a prendere ?”
L’anno seguente diventa: “sono poco lontana dalla rotonda”.
Una di queste volte ricordo il ritorno avvolto da un silenzio glaciale. Si erano fermati in un campo per pranzare, quando sono stati invasi da un branco di mucche al pascolo. Allo scadere del tempo concessole per salire in macchina,su criteri assolutamente soggettivi, mia madre aveva appoggiato solo il piede sinistro nell’autoveicolo.
Mio babbo non scherza, si sappia, ed un secondo dopo lo scadere dell’ultimatum, ha messo in moto ed è partito, lasciandola lì, con le sue sorelle, ha commentato ridendo.
Mia mamma non ha riso. Ha solo detto mu.

mercoledì 27 agosto 2008

punti esclamativi °4

non si può perdere quello che
mai in fondo si è tenuto
non si può perder niente se
niente si è mai avuto

sabato 23 agosto 2008

tonsillite acuta

Da quando non posso più parlare, la mia creatività sta schizzando alle stelle. Ritorno alla carta, stampa, figure,colori, parole, inchiostro. Leggo, archivio e soprattutto ricopro scatole a tema. No, non c’è niente da ridere, se le poteste vedere non lo fareste,credetemi, piccoli gioielli. E non è un richiamo al vostro sguardo, per la prima volta da tanto mi chiedo seriamente quanto veramente me ne importi di impormi per essere vista, mi domando che valore può avere essere notata, se hai appena mandato segnali di fumo controvento.
L’ultima notte in cui ho proferito parola, ho pianto di fronte ad un uomo che non era niente per me, se non un momento.
Dice lui inconsapevole: “Fai di me quello che vuoi, ma non lasciarmi segni”.
Allora l’ho picchiato.
Non gli ho dato semplicemente un buffetto di richiamo, uno schiaffettino, uno schiaffetto.
Io , donna di 28 anni, ho alzato le mani, gliel’ho messe addosso violentemente con l’intento di ferire. Ho svincolato le dita mentre cercava di trattenermi i polsi incredulo , assestandogli una craniata del 7° grado scala Mercalli ed ho iniziato a lacrimare.
Con gli occhi gli ho afferrato gli occhi :
“Guarda bene,non ho unghie, vedi? Non era mio intento.
A forza di mettere le mani avanti, capita che anche il mio non chiedere nulla, risulta una pretesa troppo grossa, non ho chiesto niente, come, come può essere troppo?…”

Era un sussurro incespicante il mio, pieno di rabbia e violenza, che veniva incrementata dalla divergenza di intenti, perché il suo contatto era diventato un fastidio per me, mentre lui, allarmato, cercava di contenermi in un abbraccio.
Non capiva e voleva farlo, ma se ho continuato a parlare non è stato per la sua richiesta, piuttosto per cercare di ostruire i condotti ed il sacco lacrimale:
“ Sono così stufa di dover capire le situazioni. Io capisco, ma posso non volerle accettare? Posso aspettarmi che nonostante io arrivi alle ragioni prime di un comportamento, gli altri si accorgano che mi fa male? Capire a volte è un handicap troppo pesante, anche il fantino più leggero rimane allo start in questo modo* … sono così stanca, -c-o-s-ì -s- t-a-n-c-a- di non poter lasciare segni sul corpo e nelle vite altrui.”

Sospiro. Finalmente l’ho detto.
Qualcosa era cambiato in me e nella persona che ora voleva il mio sguardo, cercava il mio corpo. Per me era appena finita, lui aveva iniziato a pensare che sarebbe potuta continuare.
Allarmante vedere che io trovo sempre più ragioni per andarmene che per restare.
La nuova domanda allora diventa: inseguo chi scappa?

* postillo, per evitare che qualcuno interpretando male si offenda, presumendo poca sensibilità: handicap è parola mutuata dalle corse di cavalli. La sua etimologia risale ad un gioco, legato a scommesse, basato su estrarre qualcosa con le mani da un cappello( hands in cap)
per equipararlo agli altri, per competere in parità di condizioni. Questo perché
quel cavallo sarebbe avvantaggiato senza l'handicap.

giovedì 21 agosto 2008

mal d'agosto

Il termometro già segna nuovamente 38.9 ed è troppo presto per ingerire la successiva tachipirina.
Dicono siano delle belle giornate estive, io sento freddo, passatemi una coperta!
Sul mio comodino una tazza colma di ghiaccio per raffreddare la gola, un piatto di chicchi d’uva, termometro e medicinali vari.
Volevo scrivere tante storie, del picnic nella tempesta, davanti a quella pieve, attendendo che il temporale di ferragosto passasse, quello che i telegiornali di ogni rete non hanno assolutamente preavvisato già 15 giorni prima, di un’emozione durata poche ore, ma pur sempre , perché no, dei pasticci che continuo a combinare, delle immagini di vecchi sogni che oramai sembrano trasferelli e delle difficoltà emozionali a trovarne di nuovi.
Ma oggi tutto il pensiero è rinchiuso nelle quattro ore che devo lasciar trascorrere tra una compressa e l’altra. Lascio trastullare fili sparsi di malinconia senza farli aggrovigliare, perché so che si dissolveranno in bolle effervescenti esattamente tra 45 minuti.

lunedì 18 agosto 2008

TDCi

testa di cazzo impunita
ovvero
doverosa precisazione.


Breve,diretta,concisa.
Normalmente chi è veramente importante nella mia vita non ha dubbi in proposito.
Se dovete fermarvi a pensarci, beh, avete già la vostra risposta ed è più che certo che non stia parlando di voi.
Le parole di questa estate si riferiscono ad un uomo che può riconoscersi benissimo, perchè prima di essere scritte sono state dette.
E' severamente vietato appropriarsene in maniera illecita riferendole ad altri che non siano LUI.
Grazie.

sabato 16 agosto 2008

un post per domani, quando mi mancherò

E' mio uso, quando perdo le parole, iniziare a comunicare prendendo a prestito le immagini dalle canzoni.
Siccome il mio computer fu e non è che posso stare appesa alla privacy altrui, lascio oggi l'ossessione che mi perseguiterà domani.
Anche se chi mi ha fatto conoscere questa canzone non lo saprà mai, inserisco qui un grazie per tutte le contaminazioni che mi vengono lanciate addosso

non saprei come dire



In a Manner of speaking
I just want to say
That I could never forget the way
You told me everything
By saying nothing

In a manner of speaking
I don't understand
How love in silence becomes reprimand
But the way that i feel about you
Is beyond words

Oh give me the words
Give me the words
That tell me nothing
Ohohohoh give me the words
Give me the words
That tell me everything

In a manner of speaking
Semantics won't do
In this life that we live we only make do
And the way that we feel
Might have to be sacrificed

So in a manner of speaking
I just want to say
That just like you I should find a way
To tell you everything
By saying nothing.

Oh give me the words
Give me the words
That tell me nothing
Ohohohoh give me the words
Give me the words
That tell me everything

Oh give me the words
Give me the words
That tell me nothing
Ohohohoh give me the words
Give me the words
That tell me everything

giovedì 14 agosto 2008

Ora come allora



pazza

(06/07/06,laurea)

martedì 12 agosto 2008

Punti esclamativi°3

#
smontate pure la ruota,
non offritemi più una consonante,
non investirò altre energie in una vocale.
Questa volta compro un doveroso silenzio


# Se qualcuno lascia che si allontani una persona che dal profondo tiene a lui, io lo chiamo stupido, qualunque siano le ragioni.

lunedì 11 agosto 2008

Ballata (quasi) triste

Dicono che possa capitare anche ai migliori, figuriamoci a me.
Non state a preoccuparvi ora, pensare in rima è una cosa che succede, ma passa in fretta:


(A) Ho cercato un abile avvocato
(B) che sospenda le pene e rimetta i peccati
(A) di chi fino ad oggi se n’è andato
(B) per percorrere sentieri non ancora trovati
(C) in attesa di quel giorno in cui si dovrà pagare
(C) con un inspiegabile e lancinante dolore

(C) Ho cercato un medico per farmi ricucire
(C) Voglio sempre due piedi da dover graffiare
(C) ed altrettante mani con cui poter afferrare.
(C) Riuscire ad annusare il mio dolore
(A) quando gli riposerò accanto,
(A) così che resti con lui qualche ora soltanto.

(C) Ho cercato una bambina per poter tornare
(C) e sulle mie orme si metta a passeggiare.
(A) Che sulla strada raccolga ciò che lontano è andato
(A) in quei passati che non ho dimenticato
(A) capire se avanti le ragioni giuste mi hanno spinto
(A) o non siano state l’orgoglio e l’ansia di un momento

(A) Ho ascoltato una vecchia sulla via del tramonto
(A) Che a nessun uomo o donna aveva fatto alcun torto
(D) senza più vista,con pochi abbracci
(D) della sua vita addosso solo vecchi stracci.
(C) perché vedesse per me dove andrò a finire
(C) leggesse quel che deve ancora avvenire.

(E) Ed ho saldato i conti con il mio destino
(F) che mi ridesse la collana di fragili sorrisi
(E) lasciata un giorno da lui in pegno
(F) per qualche ruga in più sui nostri nuovi visi.
(E) Ancora immobile perché del passo non son degno
(E) in attesa che presto torni da me intatto il senno

domenica 10 agosto 2008

Punti esclamativi °2

# Domani porterò il mio cervello dall'estetista per farmi limare il corpo calloso

sabato 9 agosto 2008

Punti esclamativi°1

# Non posso certo obbligare qualcuno a sentire la mia mancanza

Ai no spich inglisch

La sorella di mia mamma ama il mattone, tutti i soldi che risparmia li investe in case. Concluso momentaneamente l’interesse nel piccolo borgo, ha deciso di espandersi verso il mar Nero ed acquistare una dacia.
Ogni sabato si sale in collina ed il progetto si amplifica ed affina.
Quella che ci attende è un’atmosfera surreale, contornata di franco sarcasmo, dove elementi pittoreschi producono un quadro che spero vivamente qualcuno si prenda prima o poi l’onere di rendere su tela.
La prima persona che si incontra è l’ottantanovenne zia di mia mamma, sonnecchiante sulla panchina davanti all’ingresso di casa-ovviamente uno degli investimenti di cui sopra-posizionata oggettivamente al centro del viale. Impossibile non notarla: indossa un cappellino giallo sponsorizzato MS, leggermente appoggiato sui lisci e curati capelli bianchi, enormi occhiali bifocali, inutili, s’ha da ammettere, visto che tra due occhi riesce ad ottenere un grado, ed oggi la novità: per la prima volta nella sua onorevole vita le hanno messo lo smalto alle unghie dei piedi, grigio perlato con i brillantini. La zia comunica solo in dialetto stretto,fatta eccezione per il rosario, meglio precisare, e come dice la badante storica, bestemmia e parla de prit, poi si informa sul pasto e parla de prit, spettegola sul vicino e parla de prit. Si interressa essenzialmente de prit, del prete. Nella casa affianco, sullo stesso pianerottolo, spunta Peter,ovviamente affittuario della medesima di cui all'inizio. Peter non è molto espansivo, ha messo un biglietto sulla sua porta nel quale intima di non bussare e non lasciare messaggi. Ultimamente le uniche parole che pronuncia sono nella sua lingua natia, in tedesco. Alina dice che è uscito fuori di testa e noi non possiamo che crederle.
Ieri è arrivata la sostituta badante. Prenderà il posto della fissa nel mese che trascorrerà in Russia per curarsi i denti, comprare le finestre per la casa dei figli-la quale cosa potrebbe essere buona, visto che a Mosca sono già 7 gradi- e supervisionare i possibili immobili per noi. La nuova ragazza è arrivata a Milano in pulman qualche giorno fa e per ora in italiano sa dire “no, no, no preoccupi”, che è già qualcosa, concediamoglielo. Immagino l’apprendimento di una nuova lingua come lo svezzamento giugulare dei neonati,del cui sviluppo la fase oppositiva è oramai storia appresa. Con un parallelismo dovuto, pare quindi che questa sia la direzione giusta.
Insieme dissotterriamo l’enorme cartina, ci deve stare tutto un mondo, non può essere certo tascabile e procediamo.
Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
Brutta storia sottovalutare l’essere umano, un vero peccato, anche se non saprei dire se per grandezza lo si possa chiamare capitale:Roma, Mosca, Berlino.

giovedì 7 agosto 2008

un po' come Moccia

Ad occhi ancora sbarrati alle prime luci dell'alba, mentre districavo pensieri ed inventavo favole, mi è tornato in mente.
Mi sembra quasi impossibile che sia rimasto fuori dal mio campo di coscienza per così tanto tempo. Ancora di più, però, che un ragazzo visto solo per qualche giorno in tutta una vita, quasi quattro anni fa, sia capace di svegliare in me i vecchi progetti, le vecchie emozioni di quel dicembre a Roma e di non farmi dormire in questa notte lontana,oramai così dannatamente lontana.
Era fidanzato, ahimè, e purtroppo la brava ragazza che sonnecchia in me si è risvegliata a legarmi le mani, ad imbavagliarmi la lingua. Maledetta io sia.
Sul treno, tornando a casa, ero più risoluta che mai: un anno per laurearsi, poi mi sarei trasferita e finalmente avrei provato a conquistarlo.
Non è andata così.
Ricordo il freddo mentre attendavamo all’ingresso dell’ostello in via Di Vincenzo, appena alle spalle di stazione Termini. L’appuntamento era con il fantomatico amico della mia compagna di viaggi, colui che ci avrebbe fatto da cicerone nel nostro breve soggiorno. Ci riparavamo dal vento in un angolino, quando una testa quasi rasata si è affacciata all’ingresso e subito ritirata. Il mio cuore è improvvisamente impazzito, strana la sensazione di sentire la mia mente fuori controllo iniziare a ripetere come un rituale magico “fa che sia lui, fa che sia lui, fa che sia lui”. Nell’arco di pochi secondi è tornato sui suoi passi e si sono abbracciati. Grazie a Dio era lui che stavamo aspettando. Cappotto, zaino da trekking, scarpe da ginnastica. E chi se lo scorda, chi può dimenticarlo. Sono ancora marchiati nel circuito emozionale i suoi occhi che mi guardano e continuano a fissarmi ad ogni passo, i complimenti iniziati e poi lasciati cadere, come se non fosse lecito esprimerli, il rincorrerci di nascosto, all'insaputa degli altri, anche se in modo così chiaro ad entrambi. Come quella sera in discoteca che non riuscivamo a trovarci, tornavo al tavolo io e non c’era lui, arrivava ed io ero alla sua ricerca.
Il terrore di quel giorno che non si è fatto sentire, che poi si era bloccato il telefono in ricezione, la paura cieca di non poterlo più vedere, la lunga doccia con la faccia appoggiata al muro, le ginocchia che continuavano a tremare ed un unico pensiero fisso che era anche parola per non divenire pianto “chiama, chiama, chiama, chiama, chiama, chiama ”
E l’ultima notte, in macchina, dopo una lunga serata. Io che supplico di non terminare ancora il nostro pellegrinaggio. Lui che chiede “ sei stata bene allora?” e io che gli rispondo parlando della mia melanconia per questa partenza, guardando fuori dal finestrino come al solito e sentendo la sua tensione, senza nemmeno girarmi : “ allora anche tu…”, inizia”… non fa nulla…andiamo a fare colazione?”
Maledetta io sia per non aver tentato di sradicargli quel pensiero, mentre imprecavo tutta e speravo di trovare il modo di restare sola con lui, per riprendere il discorso od iniziarne un altro.
Due fusi immobili ed incantati, gli ultimi istanti prima di salutarci. L’uno di fronte all’altra, incapace a fare qualunque gesto, perché sarebbe stato un passo verso le sue spalle, ipnotizzati, scrutandoci senza vedere nulla, l’amico che dice “Ehi ragazzi, ci siamo anche noi!”
Ma chi se ne frega, ma chi vi vede ,lontani, lontani, lasciate che lo guardi, datemi ancora qualche minuto, magari riesco a dirgli più esplicitamente, magari se mi espongo di più, poi, mi serve solo un suo passo, una sua piccola mossa, perché non sia una mia decisione arbitraria, ma la necessaria conseguenza di un fatto. Voglio restare qui, in questo istante, trattienimi, mi basta un piccolissimo gesto, ti supplico, ti sto pregando.
E poi i soliti convenevoli, la sua schiena, il tempo che passa ed i fatti avversi della vita.
Non credo di averlo mai ammesso prima d’ora, timide allusioni a coprire le mie grandi certezze, teneri agganci a nascondere un enorme desiderio, ma che si voglia ammettere o meno l’esistenza dell’amore a prima vista, non ho l'ombra di un dubbio che questo lo sia stato.

mercoledì 6 agosto 2008

Corrente del Golfo

Io sul serio non riesco ad essere equa solidale con chi ama l’estate. Non trovo ragione alcuna alla gaiezza estiva, se non nell’autorizzazione massiva ad essere più leggeri,senza pensieri , in una sorta di acuna matata astrologica.
Quel che faccio io, da giugno a settembre,è restarmene immobile, con le braccia in alto, cosparsa di Autan ,categoricamente vicina ad una presa elettrica a cui è abilmente collegato un fornello per le tavolette Vape, respirando la poca aria mossa da un ventilatore, costretto a percorrere in movimento ritmico e meccanico, lento e costante, il mio volume da sinistra a destra:cic estrema destra, ritorno; cic estrema sinistra andata. Giorno dopo giorno attendo che arrivino le tenebre e vengano innaffiati i giardini, così che qualche goccia ribelle mi possa raggiungere.
Se e sottolineo se, sono costretta ad uscire, necessito in modo risoluto di un ventaglio a portata di mano, per non incorrere in un simil attacco di panico quando il caldo ristagna immobile e spezza il fiato,quando i bagni turchi chiudono, perché le vie,i vicoli, le piazze, i piazzali appannano le pareti del cielo per il vapore sprigionato dai corpi.
Ed ora arriviamo all’eterno mio quesito: dove cavolo si comprano i ventagli. Quale può essere un negozio abilitato dall’unione europea a venderli? Ferramenta, articoli per la casa, merceria?
Ho chiesto in giro, veramente incapace a trovare una congrua soluzione e tutti, dico TUTTI, mi hanno risposto: “Dai cinesi”.
I cinesi. Così vengono indicati quegli individui di ogni razza e specie che spuntano come funghi ad ogni angolo della strada e che vendono al prezzo standard di due euro ombrelli se piove, ventagli se c’è il sole.
Per questo ora mi trovo in possesso di un oggetto in canna di bambù contornato da carta di riso che si autodistrugge e si consuma a vista d’occhio solo a tenerlo in mano, abilmente travestito da ventaglio, ma empiricamente non omologato a svolgerne la funzione.
Non è che abbia grandi pretese, in verità, mi accontento che il motivo della stampa non porti alla mente gondole, monumenti storici, fiori anticati e che non preveda pizzi e merletti di plastica.
Per essere del tutto sincera io l’ho adocchiato il modello perfetto, qualche giorno fa,in televisione.
Forse, me ne rendo conto, sono scivolata in una subdola petizione, ma se il possessore volesse farmene dono, può tenersi la teca di cristallo che lo racchiude, di quella posso fare volentieri a meno, senza offesa o pretesa alcuna sa, caro presidente del senato.

In realtà tra tutti quelli visti alla Cerimonia del Ventaglio, questo, dato a Marini, è il mio preferito:

lunedì 4 agosto 2008

Ilaria, io e gli Altri


L'errore di Cartesio

«I sentimenti sono necessari in quanto espressione a livello mentale delle emozioni e di ciò che sta alla base di esse. Solo al livello mentale dell'elaborazione biologica, e alla piena luce della coscienza, ha luogo un'integrazione sufficiente del presente, del passato e del futuro anticipato- [...] La soluzione efficace ai problemi non standard richiede infatti la flessibilità e l'elevato potere di raccolta di informazioni che possono essere offerti dai processi mentali».
[Antonio Damasio. cit., pagg. 216-7]

Ordunque è giunto il momento di rimettersi in moto.
Come non si può decidere quando le energie mancano ed è necessario fermarsi, così non dipende da me medesima riprendere il procedere, ma esigenza delle auree ripulite e dei chakra purificati.
Avvenne allora la rinascita ad agosto.
Tutto stagna immobile nelle indomabili caldane estive. Il mondo smette improvvisamente di produrre ed entra in menopausa indotta.
Diventa quindi priorità non dare in pasto alle ghiandole sudoripare la spinta a ricominciare, non scivolare nella bramosia iniziale del tutto e subito, non lasciarsi convincere dalla sedicente inattività forzata, ma cazzare la randa e prendere il largo anche se a tutt’oggi continua a spirare vento dal mare ed il fiocco non si gonfia.
Programma a lungo termine, serrato sulla lunga distanza,con il coinvolgimento del corpo tutto, perché i pensieri di rivalsa non si limitino a brevi chimere che perdono la vita in un preservativo , velare e palatale di profonda tristezza, cattolico rifiuto della procreazione .
Procedo alla enumerazione del piano d’azione:
1) Ripristinare un ritmo di sonno/veglia salubre e circadiano, dove luce e buio non siano accidentali, ma incitino la produzione di melatonina e con essa il riposo. Non è semplice dopo quasi un mese a vegliare l’alba, ad assaporare il silenzio, effetto del sonno altrui. Necessita allenamento e forza di volontà, notti ad occhi sbarrati e risvegli sui canotti di occhiaie,ma infine è certificato il successo.
2) Alimentazione corretta, completa e bilanciata,intervallata da non meno di due ore e non più di quattro. Solo così si evita il rallentamento del metabolismo e la conseguente stanchezza post pastum.
3) Imporsi un orario d’ufficio in cui sfogliare proposte di lavoro e proporre auto candidature, rinforzando i muscoli anali, allenando la faccia da culo.
4) Tenere sotto stretta sorveglianza, dirò meglio, agli arresti domiciliari, l’ingordigia che accompagna ogni mio nuovo inizio, centellinando il da farsi e gli svaghi. Esemplifico. Godere della mezz’ora quotidiana di lettura senza eccedere per l’insaziabile curiosità di leggere le ultime facciate, evitando anche di saltare la parte centrale del libro, l’intero romanzo, passando dall’incipit al "this is the end, my only friend".
5) Riprendere lentamente , ma in modo sistematico, i rapporti con l’esterno prossimale, distale, politico e sociale, imparando nuovamente ad utilizzare mezzi di comunicazione e di massa, quali telefono cellulare e televisione
6) Non irrigidirsi nel dovere, aver cura che ogni passo del suddetto progetto sia accompagnato da uno stato d’animo che gli corrisponde, fluibile e fruibile nella sua inevitabile mediocrità, gigolò del sentire. In tal senso è pressoché doveroso non bloccare od inibire gli imprevisti giornalieri , inserirli invece nella scaletta che sottostà alla corrispondente data in agenda, opponendosi al pensiero catastrofico dell’ormai la giornata è andata persa e riprendere semplicemente da dove si era interrotta l’attività primogenita.
Questo per ora è tutto, la corte si aggiorna. Esce dall’aula il giudice Santi Licheri.

sabato 2 agosto 2008

banalità

Sono oramai passate le quattro di mattina-
Stasera sono uscita.
Appena rientrata ed ancora devo capire se ne avevo voglia o meno.
E’ che se ti fermi a pensarlo, lo senti quanto fa male il dolore.
E' che nella mia essenza contorta, mi sta pure bene.
Com’è possibile distinguere ciò ch’è importante da quello che non lo è, se la mancanza del primo non si manifesta in una pesante assenza?
Voler bene è faticoso.
Tra gli infiniti modi che esistono per farlo, io questa volta scelgo questo.
Il movimento proprio della vita mi sta richiamando all’ordine, imperativa è la sua richiesta di parteciparvi. Ed io mi rimetterò in cammino.
Avrò cura ,però, che il mio affetto mantenga le coordinate che gli appartengono, così da prepararsi ad un eventuale ritorno. E forse ad una nuova partenza. Nell’assoluta libertà di scegliere, cambiare idea e modificare rotta. Così fino a quel momento , che potrebbe essere anche questo.
Il dì che non si può ignorare,semplicemente perché siamo qui ad attenderlo.
Finalmente svelerà le molteplici ragioni di questo quadro astratto .
Svelleremo la falaride e la perseveranza avrà un suo nome.
Ma fino ad allora , od ora,non possono esserci risposte adeguate al linguaggio della ragione, perché è un'eco delle viscere ad imporlo.
Giungere ad un punto che è impossibile da individuare, finché non lo si è oltrepassato.
Un tempo senza possessivi, non mio, non suo;semplicemente un momento feudo del divenire.
Ah quel giorno! Quel giorno…

venerdì 1 agosto 2008

Ordinaria follia_prima parte

Mia mamma ha iniziato a parlare con le cose. In verità da sempre bofonchia per casa, muovendosi, con quei suoi piedini piccoli e tozzi, appoggiati, passo dopo passo, con forza suprema all’altezza dei talloni, tremore nella notte quando stai facendo qualcosa che non dovresti, preavviso che lei sa e te la farà pagare.
Ora però la senti urlare, quasi al culmine di una discussione:“ Ma smettila di bollire, non sono ancora pronta!”
“Mà, con chi ce l’hai? Parli con me?”
“No Chiarina, parlo con l’acqua”
“Miglioriamo mà”
Alza le spalle ritmicamente, credo voglia mimare un attacco epilettico
“Mà?”
“Ho i ticket Chià”
Mio babbo entra nella stanza , scuote la testa, “Eh sta attenta, va là, che ti obliteriamo”.
“Miglioriamo bà”.
“Non mi guardare così, adesso non posso!”
“Sei al telefono mà?”
“No, sto parlando con l’aspirapolvere”
“Ah, scusa se ti ho interrotto allora…”
Nemmeno mezz’ora dopo sento arrivare la sua voce interrogativa da lontano, forse qualche stanza distante, ma non proferisco parola, immaginando un dialogo concitato con il comodino o forse con il letto, chissà cosa le avranno fatto, poveri oggetti indifesi.
“Oh Chià?!” si avvicina, “Perché non mi rispondi?”
“Ed io come facevo a sapere che parlavi con me?”
“E con chi vuoi che parli scusa?”
“..ultimamente dai da dire ad ogni cosa…”
“Adesso però parlavo con te.”
“Ecco”
Sto un attimo in silenzio, sospiro forte, non credo sia una cosa saggia proseguire questo dialogo, potrebbe solo andare peggio, precipitare in deliri , allontanarsi dal ragionamento universalmente accettato, diramarsi in labirinti di allucinazioni, solo per arrivare a darle il pieno consenso, l’assoluta ragione.
Lei aspetta.
“Sei impegnativa mamma”
“Ne parliamo dopo, l’asse da stiro mi chiama.”
“…”