sabato 22 novembre 2008

c'è da spostare una macchina! E' un diesel?

Ovvero di come ci voglia tempo e pazienza per trovare la propria agenzia di collocamento


Eravamo più di mille, eravamo giovani e forti e volevamo solo lavorare. Passato grandiosamente lo scritto del concorso, non sono in vena di false modestie, sono stata rigettata nell’abisso della classifica all’orale, con un sussurro:”Cosa ci fa Lei qui?” Troppo qualificata. Si sente dire in giro, ma finchè non ti capita, uno non ci crede del tutto, risulta troppo difficile ammettere che il mondo vada realmente così:mi nutrirò ancora per un po’ della mia abbondante qualifica, visto che i soldi scarseggiano ( e forse da questo punto di vista iscriversi ad un master non è stata la scelta giusta).
Lunedì ho un altro colloquio per la “selezione e formazione del personale”, cosa che in realtà mi fa sorridere, visto i licenziati e cassa integrati che vedo aggirarsi per le vie e che sento urlare per le piazze .
Nel frattempo il mio cervello abbondantemente preparato, non lo si voglia scordare, ha meditato che le uniche agenzie, più o meno a scopo di lucro, che vedono incrementare il loro lavoro in questo periodo nero della nostra povera Italia, sono i sindacati. Considerazione che mi ha portata a cercare un impiego nei loro uffici con un pacchetto di pretese ridotto al minimo sindacale diviso quattro. Pare che ci sia qualche speranza.
Per non tralasciare nessuna strada mi sono rivolta anche alle famigerate cooperative sociali, che dominano il panorama pubblico e non, oramai a 360°, dall’altezza dei loro privati finanziatori. Una di queste recluta solo maschi, molti dei quali, i miei occhi confermano, si ritrovano la mattina, terminato il loro turno di lavoro, con sfregi ,graffi e lividi: preferiscono rudi omaccioni perché il lavoro prevede un contenere le crisi violente dei pazienti. L’alternativa, nonché oramai padrona indiscussa anche della precedente, prevede un impiego di educatore nelle scuole. Il lavoro consiste nel fare in modo che tutti e 41 bambini a te affidati arrivino sani e salvi alla sera, senza nessun’altra pretesa di natura cognitiva: del resto, forse, saremmo troppo qualificati anche in questo caso. Si viene pagati ad ore effettive di lavoro, senza considerare le 4 di viaggio e le 24 di allerta, pretese 6 o 7 giorni a settimana.
Molti, mia zia compresa, sono convinti che si sia entrati da qualche mese in quella crisi globale dei valori che culminerà nel 2012, che maya più o maya meno, dovrebbe corrispondere alla fine della società come noi oggi la conosciamo. Mia mamma è assolutamente certa che quello sarà il momento in cui finalmente gli ultimi diventeranno primi, smettendo contemporaneamente di porgere l’altra guancia per farsi massacrare. Se così fosse, sarebbe veramente stupido da parte mia cercare proprio ora di scalare la gerarchia sociale, per poi essere, tra appena qualche anno ,rigettata dove ora mi trovo. Più saggio, allora, cercare di rimanere appena a galla, rendere onorevole quella che pare una mia difficile carriera, per poi trovarsi almeno nella top cento del nuovo mondo che verrà.
Immagino che alla luce dei fatti la cosa più ovvia rimanga cercare le sedi dei sindacati, come utente o dipendente, poco importa.

sabato 15 novembre 2008

Punti esclamativi °10

[...]le donne hanno imparato sulla propria pelle a inghiottire le lacrime, ecco perchè diciamo, Tanto piangono quanto ridono, ma non è vero, in genere stanno piangendo dentro.[...]A quel punto Chua non piangeva più, ma i suoi occhi non sarebbero stati più asciutti, per quel pianto cui non c'è rimedio, per quel fuoco perenne che brucia le lacrime ancor prima che spuntino e scivolino sulle guance.


J.Saramago, " Il vangelo secondo Gesù Cristo"

disappunti settimanali

*Dimmi pure quel che vuoi,non ti credo, ma oggi ho tempo da perdere.

*Alla terza volta che lo stesso pensiero mi attraversa la mente, giunge la noia a render inutile un ulteriore suo ritorno

*Ovunque tu sia ora, chiudi gli occhi, è arrivato il momento di spiegarti perché non te ne saresti dovuto andare.

*Appoggio bucce di mandarino sui termosifoni bollenti per annusare il loro odore di freddo.

*Mi sento avvolta da una patina, rinchiusa nella placenta di un attimo inutile ad aspettare la nascita di qualunque cosa mi faccia nuovamente impazzire.

*Bruciami, tu che verrai. Strappami le ombre che ricoprono il mio corpo. Richiudimi le mani stanche sul ventre. Legami alle cose che non so, distruggimi con la mia ignoranza, allettami con la tua assenza e poi costringimi a seguirti, senza conoscere la meta. Lascia che pianga per cedere esausta a continuare la lotta, sdraiata sul fondo, svenuta, livida e nuda, non saprò mai la strada che mi ha portato a fidarmi.

*Sono fatta di fango e rabbia.

*Riconosco la mia solitudine in tutta la sua circolare perfezione.

*Tremendamente reale l’orrore di quel treno vuoto, la luce intermittente del neon, io sola nel vagone.
Non sale nessuno, scendono pochi, così che le porte immobili sembrano sospese in un’attesa infinita.
Sulla pensilina numero due l’orario a cui il treno si rimetterà in moto.
La solita signorina annuncia un treno in transito al binario due.
Un attimo, aspetto che ripeta per correggersi. Il treno continua a transitare al binario due.
Scusi se mi permetto signorina, ma qui il cerchio non quadra: siamo fermi noi,su quel binario. Non c’è un’anima che si allontani dalla linea gialla. Il treno non si rimette in moto, c’è qualcosa che si ostina a voler transitare proprio su questo binario. Se avessi un altro volto con cui confrontarmi, forse potrei divenire cosciente del mio delirio. Forse dovrei scendere io dal treno ed allontanarmi da questa fottutissima linea gialla. Eppur rimango immobile. La mia mente corre a cercarmi tra le lamiere accartocciate. Già mi coniugo al passato sperando di non aver sofferto. Noto la sagoma scomposta di un nuovo ospite, riflessa nel tubo concavo e brillante che scorre tra le due file ordinate di neon stroboscopici . Nel vetro riesco a vedere che mi sta fissando, mentre un treno scorre veloce al mio fianco , facendo volteggiare lentamente il vagone. I pensieri si allontanano indisturbati per spiegare a chi resta delle atroci violenze ed infinite sevizie dovute subire in una stazione buia, all’interno di una carrozza abbandonata, appena sopravvissuta ad un impatto mortale, le urla coperte da un treno in transito su di un improbabile binario due.

venerdì 7 novembre 2008

Human Behaviour

Punti esclamativi °9

Ultimamente leggo ad alta voce. Immaginano che qualcuno a cui piace assaporare il suono della mia voce mi ascolti. Scivolano così pagine, si susseguono libri. Mi inebrio di immagini generate dalle parole e dai pensieri, mi riempio di sogni ed emozioni. A volte basta poco per riprendere a camminare, a volte bisogna semplicemente ammettere di non sapere ancora volare.

sabato 1 novembre 2008

poichè la terra gira, al settimo giorno viene il ritorno

La stanza sembrava rimpicciolirsi, vedevo le porte e le finestre serrate a bloccarmi ogni via di fuga. Costretta in piccoli giorni, ripieni di interminabili attimi, ho creduto seriamente di impazzire. Chi mi conosce e mi cammina accanto lo sa. Per gli altri ero sempre la stessa, inacidita da qualche sconfitta in più, sospesa nella mia rabbia primordiale. Un vinile che continua a suonare la stessa musica,incisa nei medesimi solchi, scavata nel ripetersi degli errori. Le persone a volte non vogliono proprio vederti. Non ti riconoscono nella matrice che ti contraddistingue, ma lasciano che la tua immagine si sminuzzi e si ricomponga per assomigliare alla loro idea di te, così che al dolore dell’abbandono si deve aggiunge il vuoto della perdita.
Ho passato settimane a cercare di domare il respiro mozzato, alterato dall’ipotesi di un pianto che non è stato tale, ma si è fatto vertigine e tremore. Ho trascorso mattine distesa sul pavimento, nascosta nei pertugi della casa, tenendomi lo stomaco, ascoltando il cuore che mi batteva nelle orecchie, assaporando sulle labbra pensieri di distruzione. Ed ho pregato che tutto questo finisse, ad ogni costo, in qualunque modo.
Poi un giorno ho sentito il moto del mondo sotto le mie suole. La rotazione della terra sul suo asse ha costretto l’animale bipede in cui risiedo in affitto a riprendere il cammino. Il tempo è stato strade, mete, sospiri, si è fatto persone ed addii. Ho riempito il bicchiere fino all’orlo, rischiando anche di farlo traboccare, per non vederlo più mezzo vuoto. Ed il mio guardo che mirava lontano, si è affacciato sul cortile del qui ed ora, trovando in fine pace nel vedere i visi di chi mi stava accudendo.
Di nuovo in piedi,infilo adesso la mano nel sacchetto delle possibilità, ma prima di estrarre il prossimo numero, sposto la vista a grandangolo e sorrido in risposta agli sguardi colmi che mi fissano.