giovedì 28 agosto 2008

Ordinaria follia_seconda parte


Per i primi anni della mia infanzia ed oltre, mio padre, a dispetto della genetica e delle ripetute crisi adolescenziali, ha provato a fare di me il suo primogenito figlio maschio, trascinandomi in ogni suo momentaneo passatempo,anche con qualche discreto risultato, bisogna concederglielo.
Così mi sono slogata un polso ed infiammata i legamenti sui campi da tennis, persa sulle piste da sci, tornata dalla racconta ai tartufi senza cane, arenata sugli scogli in barca a vela, caduta da un cavallo imbizzarrito e potrei continuare ancora a lungo.
Ad oggi, dei suoi già pochi discepoli, l’unica che continua a seguirlo nelle sue strampalate avventure, è la sua devota consorte.
Ogni agosto arriva la solita proposta:una lunga passeggiata di qualche chilometro, sterrata e continuamente a piombo del sole , con ritorno obbligato sul crostone di un monte. Mia madre tenta strenuamente ma inutilmente di opporsi, finché non si ritrova in macchina, pronta per la partenza.
La povera donna , bisogna precisare, soffre di vertigini, ha la pressione bassa ed è ginnica come l’infisso di una finestra, per cui c’è ampio margine perché l’allegra gita sui monti si trasformi in una tragedia familiare.
Suo marito batte la via, qualche metro più avanti ed è quindi ovvio che non si accorga subito che non risuonano più alle sue spalle i piccoli passetti di donna: mia madre si è già da qualche minuto accasciata a terra, distesa al suolo sotto il sole, in preda ai più terribili capogiri. Ma l’uomo che non si arrende mai incalza, io proseguo e termino il percorso, tu torna indietro ed aspettami in un posto dove possa vederti.
Il messaggio che mi arriva è il seguente:” sono in una rotonda spartitraffico ad aspettare tuo padre, un camionista mi ha offerto un passaggio: accetto o per te mi tornerà a prendere ?”
L’anno seguente diventa: “sono poco lontana dalla rotonda”.
Una di queste volte ricordo il ritorno avvolto da un silenzio glaciale. Si erano fermati in un campo per pranzare, quando sono stati invasi da un branco di mucche al pascolo. Allo scadere del tempo concessole per salire in macchina,su criteri assolutamente soggettivi, mia madre aveva appoggiato solo il piede sinistro nell’autoveicolo.
Mio babbo non scherza, si sappia, ed un secondo dopo lo scadere dell’ultimatum, ha messo in moto ed è partito, lasciandola lì, con le sue sorelle, ha commentato ridendo.
Mia mamma non ha riso. Ha solo detto mu.