martedì 29 luglio 2008

notizie dall'altro mondo-il mio-

*Mia zia ieri notte alle 2, ha visto un UFO

*La mamma mia si è iscritta ad un corso di danza del ventre e ha iniziato a fumare sigari.

*Mia sorella continua a prendermi per uno scoglio, insensibile alle mie urla che l’avvisano che sa nuotare

*Non posso raccontargli, non è qui e presto tornerà a mancarmi. Più precisamente qualche minuto fa.

*L’amica di sempre è riuscita a farmi entrare aggratis al concerto di Bollani.
Cosa giusta è conoscere un tecnico delle luci.

*C’è chi aspetta una mia parola che non arriverà.

*Vivo d’utopie per rimanere nella perenne ricerca.

*La settimana prossima proverò a rimettermi in moto e cercare lavoro.
Speriamo che il we duri molto a lungo.

* Ciò che non conosco e non capisco mi agita.
Le mie arterie picchettano senza sosta il cervello per chiedere qualche punto di QI come bonus d’invalidità

*Mi ha contattato una ragazza mia omonima, vuole creare uno spazio myspace che raggruppi tutte quelle che portano il nostro nome e cognome. Sarà divertente capire come ci distingueremo, chiamandoci.

but I will look this world
straight in the eyes
what good is a man
who won't take a stand
what good is a cynic
with no better plan
reality is sharp
it cuts at me like a knife
everyone I know
is in the fight of their life
take your face out of your hands
and clear your eyes
you have a right to your dream
sand don't be denied
I believe in a better way

storia di un rapimento

se non hai dato tutto non hai dato ancor
la lama taglia sempre dov'è fine
dov'è fine è il cuore

Aveva davanti a sé un lungo viaggio, di quelli che si conosce quando iniziano, ma è impossibile determinarne aprioristicamente la fine. Quasi l’ho supplicato di accompagnarlo per qualche settimana, consapevole che altre l'avrebbero seguito successivamente.
La sua mente continuava a mormorare insaziabile sulla ricerca di una ragione.
E c’è da credermi che a nessun uomo poteva servire di più una risposta che a questo, che con la ragione voleva domare l’impeto delle sua passioni.
Non avrei voluto essere in nessun altro luogo, nessuna voce mi sarebbe stata più gradita, anche se mi avesse sussurrato all’orecchio di quando avremmo visto sbocciare le rose.
In silenzio, al suo fianco, ero dannatamente presente a me stessa, impetuosamente vicina a lui, che mi teneva di qualche passo lontana, assorto com’era nell’analisi del suo distacco.
Fino al giorno di quel messaggio: “Procedendo attraverso i miei perché, ho dimenticato chi sono. Vado a riprendermi. Decidi tu se aspettarmi o meno”.
Morbida mi sono seduta dove pochi giorni prima avevo appoggiato un sorriso. Autistica su quel biglietto, continuavo a rileggerlo compulsivamente , aspettando che il mio corpo finisse di reagire alla sua dipartita.
Ero tanto presa dall’ascolto dei miei ricordi che quando 20,al massimo 24 minuti dopo è rincasato, non ho sentito i suoi passi, come succedeva ogni volta, per ogni suo ritorno.
Solo la sua risata mi ha distolto dal mio coma. Alzando lo sguardo , la sua figura si è stagliata con decisione nel mio campo visivo, ma non era solo. Sussurrava dolcissime parole alla donna che teneva sottobraccio.
“Dio mio, che stupido- ho pensato- si è perso di nuovo”.
Verso la fine di questo pensiero mi è sopraggiunta la consapevolezza che era arrivato il momento di andarsene. Tra poco saremmo stati in tre, mentre quella piccola cuccia era omologata solo per due. In questo caso gli ascensori insegnano che è cosa giusta raggiungere il piano terra usando le scale.
Tornando in me,anche se con qualche pezzetto in meno e piuttosto dolorante, mi è venuta la forte esigenza di riscrivere il finale di questa storia,perché fosse più facilmente capibile, più aderente ai vissuti di chi ne verrà a conoscenza.
Successe così che fu rapito dagli alieni.

domenica 27 luglio 2008

breviario

Per orientarsi nell’infinito
distinguer devi e poscia unire
Goethe, "Dio e mondo"


Vivendo perennemente in un bagno senza serratura,
mi accorgo della sostanziale mancanza di un arto per reggere la maniglia.

Mormora nel mio stomaco una matassa di pensieri in digestione.
Ondeggia l’adipe alla ricerca di un alka seltzer neuronale
Perché le budella non si aggroviglino in paranoiche gesta.

Continuano a sbocciare i fiori del mio giardino segreto
e seppur concimati di sorrisi,
non cessano di crescere rigogliose malepiante di diverse specie

Sorpasso sulla linea continua i riverberi di vecchi ruoli
tratteggiando nella mente una svolta , una deviazione
o piuttosto un’inversione ad U.

In tempi di nera miseria
anche da un mantello azzurro si può ricavare
un riparo dalle intemperie,
un accampamento di fortuna
ed un cavallo bianco
può facilmente divenire
un mulo da soma,
un animale da traino.

Ho imparato a sporgermi sull’ostacolo
onde carpire il riflesso in decibel;
che l’eco della mia voce,
fosse almeno risposta
agli interrogativi
dello sterno e dei suoi protetti.

martedì 22 luglio 2008

Mnemotecniche-Esercizi di Memoria-

Da ripetere a stomaco vuoto, possibilmente prima di ogni pasto principale ,in tre serie da dieci.
Aggiungere eventualmente un'ulteriore batteria completa prima di coricarsi .
"Ricordati che se ne andrà"

supposte di saggezza

A tratti romantica

Oppure solamente molto stanca



In memoria di

"Non litigate ragazze, c'è un cipresso per ciascuna!"



lunedì 21 luglio 2008

OH Capitano, mio Capitano

E’ un po’ di notti che non dormo pensando a lui. Rimango nel buio ad occhi sbarrati, ripensando ai tempi in cui mi addormentavo con il sorriso in bocca,immaginando quel momento, dopo l’esame: gli avrei stretto la mano , ringraziandolo per la confusione che aveva generato in me, confessandogli finalmente la mia decisione di dedicare a lui tutto il resto della mia vita.
Lui, il mio mentòre.
Quello che faceva era grandioso.
Ogni cosa che diceva metteva in subbuglio le mie certezze.
Mi guardava negli occhi senza mollarmi. Un botta e risposta generato da una domanda. Io che mi sporgevo sempre più sulla sedia, avvicinandomi a lui come per voler afferrare la sua verità. Poi diceva qualcosa di assolutamente sconvolgente. Sentivo le scatole dei miei concetti sbattere ed agitarsi come maracas, niente si deve cristallizzare.
Allora arretravo improvvisamente sullo schienale, dritta come un fuso, troppo per me, diceva il mio “AH!”
Rideva lui, riprendendo a muoversi per l’aula e lasciandomi viandante tra i miei pensieri confusi.
Il suo sguardo tornava su di me di soppiatto e quella luce in quell’angolo oscuro della pupilla mi comunicava la sua fiducia, dichiarava che ero sulla buona strada per capire.
Teneva lezione ogni venerdì e sabato dalle 8 di mattina alle 5 di sera con piccole, brevi, ma dovute pause.
Quasi subito avevo preso l’ abitudine di alzarmi alle 6 , sollevare la tapparella , posizionare il tavolo davanti alla finestra e sorseggiare il mio caffè aspettando l’alba. Poi mi incamminavo a piedi per raggiungerlo. Sempre a piedi tornavo. Come se l’energia in preparazione ed in uscita dovesse implodere dentro di me, come se fosse un incontro segreto e personalissimo quello tra di noi , unico scopo delle mie settimane,mi innalzava ad un livello non mio e provocava capogiri, vertigini ed un’indomabile forza.
Nei primi mesi ho cambiato tre volte pettinatura. Il giorno che mi sono presentata rasata ha tenuto un’intera lezione, ha speso un’intera giornata sull'importanza del look adattativo.
In una di queste breve pause mi si è seduto alle spalle, non l’ho sentito arrivare, troppo persa nelle mie ruminazioni. Rullavo una sigaretta di tabacco. Quasi all’orecchio, con il suo accento strano di chi ha Napoli nel cuore, ma è trapiantato a Roma da più di quarant’anni: “Perché lo fai?”.
Io incredula: “Perché uso tabacco o perché fumo?”. Ride. Racconta di quando ha dovuto abbandonare quel vizio che altrimenti l’avrebbe ucciso.
Dovevo capire che mi stava comunicando la sua mancanza di tempo. Ma non ho colto.
Il Prof MMP era il terrore dell’intero corso. Si diceva, e non era leggenda, che le sue interrogazioni durassero più di 2 ore. L’inaffrontabile programma di dodici libri ,4800 pagine tolti i bianchi e bibliografie, effettive dunque, costringevano ad un reset mentale totale,alla completa dedizione, all’umiltà del mettersi in gioco.
Ho consumato quei libri. Cercavo fili logici superficiali e segreti, facevo schemi che poi buttavo. Niente va rinchiuso in modo perenne. L’attenzione deve essere libera di fluttuare, la conoscenza deve essere e rimanere fluida, per raggiungere anche l’angolo inaspettato, quel passaggio mai considerato.
L’ultimo giorno di lezione sono rimasta sulla porta a guardarlo. Quel grazie rimbombava dentro di me con la potenza della futura assenza. Ma non si fa prima di un esame. Assume connotazioni di paraculo che avrebbero sporcato la mia dichiarazione. Lui era la strada.
Al primo appello estivo non me la sono sentita. Dovevo essere perfetta. Una chiacchierata piacevole tra due persone che si stimano, ma ancora non ero neppure la pallida imitazione della sua ombra.
Ho frantumato quei libri, li ho divorati in ogni piccola virgola ed accento.
Ogni notte immaginavo il momento in cui la mia mano avrebbe cercato la sua e, commossa, mi sarei donata alla sua causa,
Lui salvava vite nel senso più ampio, pieno ed intenso che si possa immaginare.
L’esame era il 29 ottobre, ma lui non ha potuto aspettarmi.
Aveva dato troppo, aveva già donato tutto, questo io lo so, ma quando il 16 mi è stata data notizia che nella notte era morto, così, senza preavviso, sono stata assalita dalla più profonda disperazione.
Ho pianto, senza che nessuno potesse capirmi.
“E’ solo un professore”. Dicevano, incapaci di vedere la passione che quest’uomo mi aveva infuso per il mio lavoro, sordi al marasma che regnava nella mia testa.
Non ho ancora raggiunto quella luce Professore. Continuo a farmi disarmare da ogni cosa nuova che imparo, ricostruendo in modo liquido piccole, sempre nuove certezze ,che vengono cancellate dall’accadimento successivo. Quel grazie risuona sempre dentro me bagnato delle lacrime che ho smesso di versare,ma che continuano ad infrangermi dentro.
Questo è il prezzo che devo pagare per essere arrivata tardi al nostro appuntamento. Sapevo che mi stava aspettando, ma la mia piccolezza mi ha impedito di raggiungerla. Mi volevo vestire di gloria, mentre dovevo presentarmi nuda della mia modestia.
In questi momenti in cui non trovo le forze per cercare la mia strada, in cui mi accontento di non desiderare nulla di quello che vive fuori da quella porta, mi esplode dentro la sua immagine.
Dedicherò comunque a Lei la mia vita, mi farò invadere dal caos come mi ha insegnato. Non avrò come obiettivo ultimo quello di non aver più paura, ma di farla crescere ed affrontarla.
Solo che ora mi mancano i suoi occhi, la loro luce, le mie speranze, quello che le avrei visto costruire giorno dopo giorno, per il resto della mia vita.

sabato 19 luglio 2008

l'ultima seduta

Magari era uno scherzo, ma a me l’idea è piaciuta.
(I personaggi a cui mi riferisco sono quelli del libro di Haruki Murakami, “Norwegian Wood”.
Un’aggiunta non autorizzata,dentro i pensieri di lei che si ucciderà)


Naoko arriva alla seduta con quasi dieci minuti di anticipo. Sembra rilassata: continua a prendere 2cp /die di fluoxetina per lo stato depressivo e 8 gtt/ 2 volte die di serenase( passare zyprexa?), per arginare la scissione E’ curata elegante e bellissima come al solito, ma appare più formale ,forse perché non ha aggiunto niente all’essenziale. Non ha fermagli, spille braccialetti.
L’eloquio è sempre molto lento, interrotto da tanti silenzi, ma leggermente meno frammentato e disarticolato Sembra avere la calma necessaria per trovare le parole adatte, seppur con fatica.
I gesti rimangono minimali. Persiste a guardarmi negli occhi, parlandomi del vuoto che sente di avere dentro(è una sfida?).
Continua a parlare del suicidio come unica possibilità di liberarsi dal dolore( liberare anche gli altri?).
Allarmante la freddezza con cui parla della sua disperazione, rimane pacata pur raccontando cose terribili, non si agita, non si arrabbia Inizia a vedere come egoistici i motivi di chi le sta affianco.Tende a sottolineare esageratamente "Io", quasi si stesse chiudendo in un egocentrismo esasperato. Preoccupa la completa separazione di emozioni e pensiero, con il secondo che sta prepotentemente prendendo il sopravvento. Cerco di farle confermare l’appuntamento della prossima settimana e mi ripropongo di chiamarla il giorno prima per accertare che si presenti. Spero di rivederla.
Riporto di seguito il contenuto della seduta di oggi, come sono riuscito a ricostruirla:

La mente mi diceva che ero felice che fosse lì, ma non riuscivo a sentirlo con il petto. Se mi concentravo sulla sua immagine,stesa ad occhi aperti ed immobile sul divano , riuscivo a percepire la sua presenza, la forza con cui mi desiderava.
Ed improvvisamente mi sono sentita invadere di forti, fortissimi sensi di colpa.
Sai, è sbagliato dire che non provo più niente in questo mondo, il negativo delle emozioni arrivano a colpire il bersaglio benissimo. Come frecce si insinuano nel fantoccio di paglia e trafiggono quello che di umano è rimasto in me.
Volevo che vedesse il mio corpo, sì. Volevo che smettesse di fissarmi negli occhi, sapevo di ferirlo con il vuoto che avrebbe trovato nelle mie pupille. Volevo dargli la parte migliore di me. Dicono che sia bella. Tu mi trovi bella? Il mio corpo è bello, la mia mente è marcia.
Dormiva, non ho voluto svegliarlo. Lentamente ha percepito la mia presenza. La mia sagoma contro la finestra lo eccitava, mi voleva con una forza che mi spaventava. Gli ho piantato il mio niente nei suoi occhi,l’ho fatto io perché non lo facesse lui,per cercare di fargli capire in silenzio e poi mi sono spogliata.
L’ho tenuto in bilico tra il suo desiderio e il mio nulla. Non ne abbiamo più parlato.
Ora penserai che sono cattiva e forse hai ragione. Ma in verità io credo di non avere mai avuto la forza di esserlo. I miei pensieri non hanno mai posseduto la consistenza pesante e durevole che permette di progettare. Mi sfuggono, si aggrovigliano si dissolvono e ritornano, come le mie parole. Per un attimo ho in testa chiaramente quello che mi sento di esprimere, ma poi tutto si complica, diventa enorme e si spegne. Penso alle mie emozioni, ma le uniche che riesco veramente a sentire, capisci cosa voglio dire? Voi provate emozioni. Io le devo prima ragionare, tranne, dicevo, vedi?,la più profonda disperazione.
Io non posso liberarmi del mio dolore, non potete cancellarmelo.
E’ semplice: finché soffro c’è una ragione concreta per cui non posso essere felice. Ma quando le cose iniziano a migliorare, credimi, lì arriva il peggio. Se attorno a me ho persone che mi vogliono bene, se le cose procedono e io imparo e cresco , io lo so che dovrei essere felice. Ma non mi sento, non lo sono. Ed allora arriva lancinante la consapevolezza di essere diversa- Guardo la gente ridere, rido anch’io, ma è un suono che non mi tocca in profondità. Non mi invade, non lascia segni. E’ in questi momenti che è palese la mia malattia. E’ devastante,credimi. Allora comprendo con chiarezza che non c’è soluzione. Sei mai stato in una situazione terribile ? Puoi immaginare quanto più lo diventi, se giunge la certezza che sarà per sempre?
Io sono cresciuta nel dolore, è parte di me, non potete amputarmi.
Si, lo so che non è stato sempre così, ma prima c’era Kizuki. Lui mi regalava i suoi difetti, quelli che conoscevo solo io e io li amavo. Con lui potevo soffrire del suo non sentirsi mai adeguato. Era lui che mi offriva una salvezza. Il mio dolore aveva uno scopo: amarlo. Ora non so più che farmene, vaga libero , a volte mi attanaglia.
Voglio bene a Reiko e Tuo ma lo so che mi amano perché sto male. No non cerchi di convincermi. Loro hanno bisogno del mio dolore quanto me. Non sto esagerando. Dipendono dal mio malessere perché così hanno una buona scusa per rimanere nel loro, un buon motivo per non impegnarsi a cambiare. Si ancorano a me per dare un senso alle loro vite ristagnanti. Io li rendo forti, coprendo le loro debolezze-
Dimmi sinceramente, quali motivi posso mai avere per guarire?
La mia famiglia dici. Non è colpa mia se mia sorella è morta, io l’ho solo trovata. Io lo so, ma per loro non è così. Io devo pagare . Soffrire perché sono viva mentre mia sorella non lo è più. E’ stata una sua scelta, non la mia. Nessuno può decidere per un altro di morire. Nessuno può decidere per un altro di iniziare a vivere.
E’ come se domani decidessi di farlo io. Sarebbe forse colpa tua che non mi hai fermato oggi?
Dovrà forse pagare qualcun altro per una cosa che ho voluto e fatto io?
Non è possibile far cambiare idea a una persona che ha deciso di uccidersi. Perché per quanto gli altri ti stiano vicini e siano presenti, non potranno mai condividere il mio male. Io e lui siamo soli.
Si, ogni tanto ci penso al suicidio, è una strada non provata per trovare un po' di pace.
Ora non fare quella faccia, me l’hai chiesto tu.Certo che ci vediamo la prossima settimana

martedì 15 luglio 2008

ps: Morte di Delicatezza e Tatto

"Oh mio dio, li stiamo perdendo, presto libera!"
Ptf
"Libera"
Ptf
"Avanti sù, con più energia!
Libera!"
Ptf
"Fermi, fermi, li abbiamo persi. Prendere nota dell'ora del decesso".

Saltami addosso, dottore coraggio!

Dottore: Cosa abbiamo qui?
Infermiera: Ragazza, 28 anni, è arrivata in uno stato si grave agitazione. Le abbiamo indotto un coma forzato.
Dott: è stato possibile individuarne le cause?
Inf: sì dottore. Sembra che la ragazza si fosse disadattata a provare emozioni e quando si è trovata ad affrontarne di contrastanti in simultanea ne è stata schiacciata.
I suoi muscoli si contraevano in smorfie di dolore, subito dopo di gioia,farneticava d’ amore ; per un po’ ha riso. Ci sono state violente reazioni di rabbia, prima di mettersi ad urlare di paura. Sembrava in preda all’horror vacui,qualche minuto dopo è parsa serena, almeno per qualche istante e…
Dott: … come è possibile che emozioni negative e positive non si annullassero a vicenda?
Inf:non lo so dottore, è parso strano anche a me. Sembrava invece che si rafforzassero e si potenziassero tra loro
Dott: Uhm…Va bene, ho capito. Somministriamole 150 cc di Rassegnazione e stiamo a guardare cosa succede
Inf: …mi dispiace dottore, non ce n’è . Ci sono pochi donatori.
Chi ne ha, la tiene ben stretta-
Dott:Buon Dio!
Non la possiamo lasciare in questo stato!
......allora frantumatele la personalità in tante parti quanti sono i suoi sentimenti,almeno per il momento evitiamo che si autodistrugga. E speriamo che arrivi presto uno stato d’animo compatibile per il trapianto.
Inf: come vuole dottore. La sposto in sala d'attesa.
Dott: ah infermiera?
Inf: dica dottore.
Dott. In qualunque cosa creda, lo faccia più forte e preghi per lei
Inf:sarà fatto dottore

domenica 13 luglio 2008

Un eterno Grazie alla mia Venere

Perchè quando le racconto che stanotte ho ululato alla luna, lei ribatte che le è appena scappato il Bianconiglio.
Perchè ogni chiaccherata si conclude con i ringraziamenti ai fatti avversi che ci hanno unito,
Perchè separate ora saremmo sole, disperate, convinte e rinchiuse nella nostra follia

Se il caso ci parla del senso della vita,
guardo alle nostre menti che si compenetrano
ascolto le nostri voci che vibrano di un'unica melodia
sento che oramai mi è impossibile immaginarmi senza
credo ai sogni di riunirci a fare l'auotostop sulla medesima strada
e ringrazio che sia lei la mia ultima risposta

“Via da questi luoghi, via da vecchie paure
Via da questi sguardi e dalla noia volgare
Via dal pregiudizio, gonfio di violenza
Dalle polveri sottili dell'indifferenza.
Come il fiore troppo raro
Di un'intelligenza condannata a sfuggire.
Libera quanto basta per
Libera quanto basta per
Dare alla tua strada un nome e l'ultima risposta.
Libera quanto basta per
Dare alla tua strada un nome e l'ultima risposta”

sabato 12 luglio 2008

Farneticazioni

#1
Amoore
Ogni qual volta un gruppetto di donne venga lasciato libero di riunirsi, è matematicamente certo che si parlerà d’amore. Quello con la A maiuscola e due o
(ndc: ogni riferimento sottilmente fallico è puramente casuale)
Così è sempre stato e così rimarrà immutato nei secoli dei secoli
Io nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, ho consapevolmente deciso che non proferirò parola sull’argomento, né tanto meno ne farò sfoggio nel comportamento di ricerca, fintantoché la conversazione più romantica nonché sincera
-e per questo francamente illusoria-
che riuscirò ad immaginare assomiglierà seppur anche vagamente alla seguente:
Lui:Io non ho mica capito se mi ami
Lei:a tratti sì, ti amo
Lui:beh, posso dire di essere un uomo fortunato
Lei: io lo sono un po’ meno
Lui:epperchemai?
Lei:lo so che quando non ci sono non ti manco
Lui: però ogni tanto ti penso
Lei:effettivamente è già qualcosa
Lui:io non sopporto quelli che pretendono tutto oppure non se ne fa niente. Puoi riuscire a fartelo bastare?
Lei:non lo so, ci dovrei provare.
Lui:brava
Lei grazie
Lui:prego.
Perché quello che non deve mai, in nessun modo, venire a mancare sono la cortesia ed il rispetto.

#2
Psiche
Ed un giorno vennero chiusi i manicomi. Come molte cose che prima ci sono e poi puff!, non ci sono più.
Un uomo ben vestito, immaginiamolo in completo nero su camicia bianca e cravatta viola, guardò in faccia altri uomini tutti con in dosso una camicia anch’essa bianca che legava loro le mani e gli parlò di libertà.
Atterrite, spaventate, disorientate molte facce guardarono contemporaneamente verso un punto,che poteva essere quell’uomo in abito scuro o che forse era posto nella sua direzione, ma qualche metro al di là del medesimo.
E quell’uomo gridò loro “SIETE LIBERI!”, aspettandosi una qualche reazione di giubilo o gioia manifesta.
Ma nulla accade.
Una massa di gente in bianco continuava a guardare quel punto che poteva essere l’uomo in cravatta viola o qualcosa al di là dello stesso, apparentemente molto più interessante della buona novella.
Fu allora che l’uomo si infuriò e con un espettorato da chi è abituato a mettere in riga soldati, urlò loro che se ne potevano andare, non erano più costretti a stare lì,”PARLATE LA MIA LINGUA?MI CAPITE O SIETE SCEMI?”
Ed io li sento i pensieri di quella strana folla ,che ieri erano matti ed oggi sono liberi.
Con i gomiti aperti ad ali, lui che sa volare , l’uomo e forse il punto,si fece largo tra la massa,scansò corpi immobili e visi pazzi.
Possiamo supporre l’espressione contrita ed indispettita dall’inatteso, il fastidio del contatto, la rabbia del tempo in esubero, mentre varca la soglia e sale le scale.
I passi rimbombano lenti nel lungo corridoio
-questa è semplice, c’è sempre un lungo corridoio-
, un tempo infinito trascorre tra un tonfo ed il successivo. L’aria è bassa, i piedi pesano.
Le grosse inferriate delle celle sono tutte spalancate.
I manicomi sono chiusi, i malati di mente liberi.
Lentamente il punto si sposta, percorrendo l’ala ovest.
Il respiro pesante, il volto paonazzo , lo stomaco in subbuglio.”Cosa cazzo è questo”.
Non dire che non sapevi ,non dire che non sapevi, fa una cosa anzi, non dire nulla. Taci e guarda, guarda bene.
Sui muri gialli, nelle piccole stanze barricate, campeggiano scritte di tutti i colori.
Nero, verde, blu, rosso, sangue.
Lentamente il punto legge, percorrendo l’ala ovest.
“E’ un tondo il cielo, è un cranio vuoto. Guardate il sole. La vita è un lampo”
“Il seme cade sul tetto e non sulla terra e questa è la vita della città moderna”
“”Maledetto tu sia, sole della malora che ci confondi”
“Non è giusto pensare alla morte quando anche il nero sa dire qualcosa”*
“Dove cazzo è finita l’aria!”
A questo nostro punto inizia a mancare il respiro, i muri sono bassi, il corridoio stretto, le mani tremano, le gambe cedono,i piedi sono colate di cemento, grossi frammenti di ghisa.
Vorrebbe urlare come quando per mestiere adunava le truppe, ma la lingua si è seccata in gola, non ha il diritto di parlare
Vorrebbe frantumare qualcosa contro il muro,distruggere ciò che è dato vedere, ma non ci sono mobili, non ha il diritto di gridare.
Incespica, inciampa, rotola a terra ansante, FACCIA A TERRA SOLDATO!.
Accasciato ascolta il proprio respiro, ausculta il proprio cuore, tende l’orecchio ai fremiti del proprio corpo.
Vuole andarsene e lo farà.
I manicomi sono chiusi , i malati di mente liberi.
Ed è così che vediamo andarsene l’uomo venuto a liberare altri uomini , ingabbiando un suo pensiero in quella cella, incidendo su quelle pareti il magma delle sue certezze.
“Lasciami manchevole, è la ricerca che mi sospinge”.

*scritte trovate rispettivamente sui muri dell’ex Ospedale Psichiatrico Santa Margherita di Perugia;ex OP santa Maria della Pietà, Roma; ex OP sant’Osvaldo, Udine; ex OP Collegno, Torino

venerdì 11 luglio 2008

Odio l'estate

Mi si vede in trasparenza.
La mia carnagione lattiginosa e sottile
lascia intravedere parte degli organi interni.
Mi si secca il palato solo ad immaginare un dialogo.
Mi si esaurisce persino l’acqua intracellulare al primo passo,
ma insistono a dire che,
almeno una volta al mese,
devo farmi vedere dal sole.
Oggi ho sbrigato gli impicci di luglio.
Panama rosa naturalmente bruciato dal sole calcato sulla testa.
Solito kit essenziale di sopravvivenza.
“Ciao”.
“Ciao”.
Gioia dello stare scalza sulla sabbia.
Sto affondando i piedi in un enorme locale di scambisti per insetti e vermi.
“….?”
“Credo di si”
Devo ricordarmi dell’odore del mare trasportato dal vento.
Probabilmente Suskind era qui, quando ha deciso che nel corso del romanzo dovessero morire tutti
“…?”
“Si, è stasera.”
Se mi turnico di 75° gradi ed allungo impercettibilmente la mano raggiungo il libro, poi lo apro con cautela ed il gioco è fatto.
“…?”
“No, io non frequento.”
Le dinamiche di gruppo mi hanno sempre affascinato.
“Ve ne andate già?”
“Già”.
Brutto lasciare i dialoghi in sospeso.
Credo proprio che tornerò.

giovedì 10 luglio 2008

Attesa

Matematicamente una parabola, dove un meno nella mani della variabile ics
può facilmente tramutare un sorriso in pianto.
Segnali nelle viscere della mia testa si nutrono del valore aggiuntivo del segno,
perennemente in bilico tra il fare e il solo pensare,
costruiscono reticoli di para appartenenza della mente che si aspetta.
Le fabbriche che non chiudono mai necessitano di operai per il turno notturno.
E così i miei neuroni zelanti si contorcono di dubbi,
in un continuo stato di allerta
che logora la semplicità della voglia di viversi ,
seppur in una parentesi,
fino alla fine della riga,
finché una nuova equazione non richiami all’ordine.
Ed il silenzio ed il vuoto si colmano di drammi e tragedie
che solcano occhiaie e zigomi
che logorano momenti e luoghi
quando basterebbe dire
che è stato il Dottor Verde, nella biblioteca, con il candelabro.

mercoledì 9 luglio 2008

Follia






Non c'è niente di più pesante della compassione.
Nemmeno il nostro proprio dolore
è così pesante come un dolore che si prova
con un altro
verso un altro
al posto di un altro,
moltiplicato dall'immaginazione,
prolungato in centinaia di echi









dicesi insight

E poi verso l’una uscire a fare due passi,
accelerare i pensieri perché scivolino sull’asfalto,
prima di resettare la materia in bianco e grigio
per lasciarla brillare di un fulgido neutro.
Sfilarsi i vestiti in modo così automatico
da non sapere dove siano stati gettati,
trovarsi a canticchiare una canzone
con lo spazzolino tra i denti
ed improvvisamente scoprire
che collutorio
si scrive con una sola T