sabato 15 novembre 2008

disappunti settimanali

*Dimmi pure quel che vuoi,non ti credo, ma oggi ho tempo da perdere.

*Alla terza volta che lo stesso pensiero mi attraversa la mente, giunge la noia a render inutile un ulteriore suo ritorno

*Ovunque tu sia ora, chiudi gli occhi, è arrivato il momento di spiegarti perché non te ne saresti dovuto andare.

*Appoggio bucce di mandarino sui termosifoni bollenti per annusare il loro odore di freddo.

*Mi sento avvolta da una patina, rinchiusa nella placenta di un attimo inutile ad aspettare la nascita di qualunque cosa mi faccia nuovamente impazzire.

*Bruciami, tu che verrai. Strappami le ombre che ricoprono il mio corpo. Richiudimi le mani stanche sul ventre. Legami alle cose che non so, distruggimi con la mia ignoranza, allettami con la tua assenza e poi costringimi a seguirti, senza conoscere la meta. Lascia che pianga per cedere esausta a continuare la lotta, sdraiata sul fondo, svenuta, livida e nuda, non saprò mai la strada che mi ha portato a fidarmi.

*Sono fatta di fango e rabbia.

*Riconosco la mia solitudine in tutta la sua circolare perfezione.

*Tremendamente reale l’orrore di quel treno vuoto, la luce intermittente del neon, io sola nel vagone.
Non sale nessuno, scendono pochi, così che le porte immobili sembrano sospese in un’attesa infinita.
Sulla pensilina numero due l’orario a cui il treno si rimetterà in moto.
La solita signorina annuncia un treno in transito al binario due.
Un attimo, aspetto che ripeta per correggersi. Il treno continua a transitare al binario due.
Scusi se mi permetto signorina, ma qui il cerchio non quadra: siamo fermi noi,su quel binario. Non c’è un’anima che si allontani dalla linea gialla. Il treno non si rimette in moto, c’è qualcosa che si ostina a voler transitare proprio su questo binario. Se avessi un altro volto con cui confrontarmi, forse potrei divenire cosciente del mio delirio. Forse dovrei scendere io dal treno ed allontanarmi da questa fottutissima linea gialla. Eppur rimango immobile. La mia mente corre a cercarmi tra le lamiere accartocciate. Già mi coniugo al passato sperando di non aver sofferto. Noto la sagoma scomposta di un nuovo ospite, riflessa nel tubo concavo e brillante che scorre tra le due file ordinate di neon stroboscopici . Nel vetro riesco a vedere che mi sta fissando, mentre un treno scorre veloce al mio fianco , facendo volteggiare lentamente il vagone. I pensieri si allontanano indisturbati per spiegare a chi resta delle atroci violenze ed infinite sevizie dovute subire in una stazione buia, all’interno di una carrozza abbandonata, appena sopravvissuta ad un impatto mortale, le urla coperte da un treno in transito su di un improbabile binario due.