martedì 8 settembre 2009

Sono pensiero e sono come tu mi vuoi

a tutti quelli che non hanno saputo vedere, non hanno voluto sentire

Tremolando come una fiammella al soffio ed infrangendosi sugli argini di questi faraglioni delle Haran,le idee mi si sgretolano in punti. Sospetto che a guardarle dal basso si potrebbero ricostruire costellazioni,trovandone le ragioni ed il senso,congiungendole in linee e figure ordinate. Ma questo non è dato farlo a me,io che ne sono genitrice e figlia, impermeata delle medesime , fino a fonderle e cullarle.
Molti già provarono a ridurmi a solo pensiero,relegandomi nei pertugi bui ad attendere che la schiena che si allontana si riaffacci di petto, diario segreto di una vita condivisa con altri e dettata a me, coscienza e desiderio di stabilità di chi viaggia e vuol essere certo di poter fare ritorno. Io, le pantofole calde, la lieta certezza dell’ ascolto di chi è trascinato nel vortice del nuovo possibile,l’attesa che placa le altrui paure dell’ignoto.
Eppur anche di materia sono fatta io. Urla ed impreca per poter lei pure toccare le cose che furon costruite, guardare le fiabe che vissero, tenersi le mani di fronte al nero, ridere del cloro negli occhi ed annusare della pelle la consistenza. Manco di quell’assieme che si trasforma in logica e grammatica quando sono i discorsi a congiungere gli esseri,di quell’emozione che diventa bellezza e ricercatezza della parola in un brano di prosa in cui sono l’antagonista.
[Non mi fido delle parole, non è necessaria la verità per costruire un buon sillogismo, di lettere in successione sensata sono fatte le bugie]
Io che anche quando ritaglio figure retoriche uso gli oggetti come astrazione di metafore, che chiamo le mani intrecci di falangi e gli occhi magnetismo terrestre, divento pulpito e platea delle glorie altrui e rileggo le righe per ricostruire i fatti che non m’è stato concesso convivere.
Perché lontano è il primo passo verso la perdita dei dati,Memento implacabile , di carne ed ossa è il tempo che guarda al domani- Io ferma qui sul ciglio della strada sarò sovrascritta dallo scorrere degli accadimenti, autostoppista dal pollice verso , lascio che mi assalga il toro oggi, nell’arena deserta, perché l’immaginario comune della bestia non ha bisogno di spiegazioni e ricopre la vostra pelle di sudore come emozione viva, non come novella. Se potessi spiegare le sbarre, giungere a farvi percepire il dolore del farsi sottile per poterle attraversare,mentre le costole si piegano per risparmiare centimetri, della mente altrui sono prigioniera, dei bisogni non miei, sono la larga spalla che accoglie le suppliche. Se potessi descrivere l’amara tristezza del veder orecchie incollate al prossimo grido, mentre affamata invoco che ora mi si dia nutrimento. Oh mia povera, povera me, tenuta nascosta nelle segrete delle apparenze, divisa dal mondo da pietre di egoismi, la carne straziata dagli altrui punti di vista ed umiliata dalle dimenticanze ,dai discernimenti e dalle vite così distanti da questo luogo in cui loro stessi mi hanno rinchiusa.
Questa notte lunga,come le ombre scagliate al suolo dal basso lume, porta con sé le verità che non so spiegare e che nessuno ha realmente intenzione di vedere. Dal lucernacolo filtreranno ,con il giorno, le voci di chi davvero vive ed io mi mischierò a loro, perché soli si può essere in questa stanza quanto tra i piedi danzanti di chi ha una meta. Sorridendo mi incamminerò verso un nuovo porto, dove altri carcerieri mi aspetteranno per riempirmi ancora, stiparmi dentro ,spingermi sotto.
Domani si parte, ma questa volta, per viaggiare leggera, lascerò a casa il superfluo:orecchie, occhi, naso,mani e bocca.